Settembre 2023

LIBRI

AGENDE ROSSE, BORROMETI E DI MATTEO "OCCORRE DECIDERE SE VOGLIAMO QUESTE VERITÁ"

cultura, eventi, formazione, giustizia

Dispiegamento di forze di polizia, scorte personali e un auditorium di Santa Scolastica strapieno per due personaggi ‘scomodi’ quali il giornalista Paolo Borrometi e il magistrato antimafia Nino Di Matteo. Due uomini che hanno dedicato la loro vita alla ricerca della verità, ricerca che hanno raccontato nei loro libri: 'Traditori' e 'Il Patto Sporco e il silenzio', presenti oggi a Rieti per l’incontro dal titolo “L’impegno del quotidiano, incontri d’autore” organizzato dal Movimento delle Agende Rosse insieme alla Chiesa e alla Caritas di Rieti. L’evento è stato introdotto da Simone Petrangeli e moderato da Helena Cocco e Paola Rita Nives Cuzzocrea.

Due ore di domande, racconti, accuse, riflessioni per giungere alla domanda cruciale “Queste verità le vogliamo o non le vogliamo?”

“Sarebbe stato opportuno che i giornalisti avessero occupato un decimo dello spazio destinato alla morte di Matteo Messina, alle vicende attraverso le quali la mafia continua a condizionare la vita del Paese, per dimostrare di volere inseguire la Verità” ha osservato Paolo Borrometi, attualmente condirettore dell’Agenzia di stampa AGI. Aggredito e minacciato dalla mafia è stato costretto a lasciare la sua terra e a vivere sotto scorta. “Siamo in queste condizioni – ha dichiarato a Format – perché siamo ancora in pochi. Se ognuno di noi facesse il proprio dovere, cosa che in questo Paese sta diventando anormale, non ci potrebbero fermare.”

Ha spiegato alla platea attentissima, come “la ricerca della verità sia un percorso a ostacoli. Giovanni Falcone si è visto bocciare per qualsiasi posto abbia richiesto.  In troppi casi, prima ancora di cercare i colpevoli, si è messa in dubbio la credibilità di chi accusava. Questo è il Paese che ha costretto Falcone ad andare in televisione a dire ‘se ti mettono una bomba e la bomba non scoppia significa che te la sei messa da solo’. Il Paese che ha fatto passare Peppino Impastato per un terrorista. Noi giornalisti dobbiamo essere il cane da guardia della democrazia e abbiamo il dovere di ricordare come siamo arrivati a questo momento. Ancora oggi abbiamo bisogno di sapere del perché Capaci e del perché Via D’Amelio. Questo è il Paese che riceve con tutti gli onori Mario Mori in commissione antimafia; vorrei che fosse chiaro in questa sala e in questa nazione che il primo trattativista è lui. Fu lui all’indomani delle stragi ad incontrare l’ex sindaco di Palermo, Ciancimino affinché potesse avvicinare Cosa Nostra e interrompere il "muro contro muro". Ho il dovere di ricordarlo aldilà delle sentenze affinché ciò che è accaduto non si ripeta”. Amarezza, dolore, nelle parole di Borrometi ma anche tanta passione, il motore necessario per scavare oltre le verità ufficiali.

“Ritengo importante questo libro di Paolo – commenta Nino Di Matteo – supera il muro di gomma sempre più alto, ne ammiro l’approccio di visione unitaria, legando vicende apparentemente distanti ed invece connesse da un filo rosso”. Inevitabile il riferimento al caso Palamara e al momento difficile vissuto dalla Magistratura. “C’è un regolamento di conti in atto tra una parte significativa del potere, politico, economico, finanziario, con chiare finalità di vendetta, o di azione preventiva finalizzata ad evitare che in futuro si possano svolgere indagini e processi coinvolgendo cariche sempre più importanti in inchieste. E’ questo il motivo di continue limitazioni, progetti di riforma (vedi il caso delle intercettazioni ritenute attualmente irrilevanti) ed iniziative assai discutibili. Non vorrei diventasse un corpo e un ordine in cui l’autonomia ed indipendenza rimangano sancite solo sulla carta”.

L’ex pubblico ministero dell’inchiesta "Trattativa Stato-mafia" ricorda come  le stragi del ’93 siano state attuate sulla base di una strategia del terrore con lo scopo di mettere in ginocchio lo Stato, ma da parte di chi? Nel 1994 fallisce un attentato all'Olimpico di Roma che avrebbe provocato la morte di centinaia di persone. “Per il mancato funzionamento del radiocomando, per fortuna, quell’ attentato fallì, ma nessuno in quel frangente sapeva che era stato organizzato. Quindi poteva benissimo ripetersi in una domenica successiva, gli uomini erano già lì e aspettavamo di poterlo ripetere, nel frattempo però a livello politico accade qualcosa e quella strategia venne meno. Io credo che fino a quando questo Paese non avrà il coraggio e la convenienza di affrontare quella stagione delle stragi, in maniera unitaria, nel complesso degli avvenimenti, non sarà in grado di fare i conti con una verità seppure scomoda. Stando sempre attenti ai tanti processi di revisionismo che caratterizzano questi tempi”.

Abbiamo chiesto al magistrato se la morte di Matteo Messina Denaro metterà una pietra tombale anche su molte verità.

“E’ stato uno dei protagonisti principali della stagione stragista, se avesse voluto avrebbe potuto dare un ulteriore contributo di verità, per capire ancor meglio moventi, compartecipi e mandanti. Muore Messina Denaro non muore la mafia, non muore Cosa Nostra. Un fenomeno criminale che da almeno 170 anni condiziona la vita del nostro Paese. Sopravviverà anche alla morte di un capo storico. Abbiamo ormai compreso che la sua forza, come dimostrato nel tempo, è sapere cambiare strategie in funzione del momento storico, delle difficoltà, delle contingenze. Cambiare  pelle come un serpente”.

I due ospiti si allontanano con un ultimo consiglio dato ai giovani presenti in sala “Non accontentatevi mai delle verità ufficiali che non sempre sono quelle vere. Siate liberi cittadini con la voglia di vivere in un o Stato libero e democratico”, è la speranza di Di Matteo. “Seguite una sola persona – suggerisce Borrometi – un vero rivoluzionario dei nostri giorni: Papa Francesco. L’unico a parlare di pace in tempo di guerra, a combattere indifferenza e rassegnazione: i due mali del nostro tempo”.

28_09_23

ph M. D'Alessandro

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