di Ileana Tozzi - Timidamente proviamo a emanciparci dalla condizione di isolamento alla quale non ci siamo mai rassegnati, in questa stagione così dolce e luminosa, piena delle promesse e dei profumi che rinnovano la confidente fiducia in un futuro migliore.
Proviamo a riprendere l’abitudine a muoverci in sicurezza all’interno del territorio, dove le strade antiche potrebbero condurci a visitare il castrum di Vallecupola, alle pendici del monte Navegna, che insieme con Longone, Pratoianni, Vaccareccia, Porcigliano, Magnalardo, Cenciara, Concerviano, Roccaranieri, Poggio Vittiano e Varco è uno degli insediamenti sorti nel corso del medioevo sotto la protezione dell’Abbazia benedettina di San Salvatore Maggiore.
Al tempo del cardinale Ranuccio Farnese, Abate Commendatario di San Salvatore, risalgono alcune opere d’arte sacra di particolare interesse, a cominciare dalla croce astile in lamina d’argento listata di rame indorato, lavorata a cesello e sbalzo intorno alla metà del XVI secolo da Jacopo del Duca, allievo di Michelangelo, destinata alla chiesa arcipretale della Santa Croce.
Questa chiesa sita nel cuore dell’abitato di Vallecupola assunse nei secoli successivi il titolo di Santa Maria della Neve, traslato dall’antica chiesa cemeteriale ormai abbandonata.
Ma è proprio il titolo originale a richiamare, all’interno della chiesa, l’elemento iconografico più rilevante celato da un muricciolo: si tratta di un dipinto del Cristo in dalmatica dalle caratteristiche salienti proprie dell’iconografia del Volto Santo, così come è declinata da Lucca a Manoppello, corredato dalla raffigurazione dei Profeti David e Abramo e delle Sibille Cumana e Tiburtina.
Un’iscrizione consente di datare l’affresco all’anno 1554, eseguito a spese del popolo di Vallecupola al tempo di don Paolo Trasatti e don Pompilio Caramalli rettori delle chiese del paese.
Ora la chiesa è inagibile a causa dei danni del terremoto, l’affresco in attesa di restauro: ma intanto Vallecupola merita la nostra visita per la bellezza del paesaggio e l’importanza del retaggio della sua storia.