di M. Antonietta Dionisi - E dopo?
Quante volte mi sono trovata a pormi questa domanda in questo tempo dilatato oltre ogni immaginazione, facendo ipotesi di cambiamento, resistendo ad impulsi nostalgici, evitando di teorizzare aspettative troppo rosee o troppo grigie, ma sempre con il motto “il meglio deve ancora venire”. Qualcuno penserà che il mio non è ottimismo ma incoscienza, forse, ma sento che è la mia spinta a rimodulare un sistema di vita preso troppo alla leggera a volte, come nulla dovesse mai cambiare nel tempo. Ecco, probabilmente non eravamo abituati a pensare “futuro”, troppo presi dalla sbornia “presente”, quel presente cancellato in un attimo e senza risuonar di bombe, ma sprofondando nel silenzio dell'isolamento. Ognuno sa cosa sia successo in quel silenzio, nel mio ho rimodulato le mie priorità, ho assaporato quei colori, profumi e voci della mia bottega che mi inebriavano e che davo per scontati da quattordici anni. Ho avuto paura nei giorni dell'azzeramento di tutto, paura di non farcela a risalire dal pozzo, sapendo che le speranze di aiuto sarebbero state minime, mi aggrappavo giorno per giorno alla mia vetrina: le mie creazioni, differenti a seconda delle stagioni, degli anniversari, delle cerimonie, risentivo lo scorrere del colore sotto i pennelli, annusavo distinguendo odor di colla e di vernice, il dolore delle piccole scottature con la colla a caldo e delle punture con gli aghi. Tutto questo mi appariva ogni giorno passeggiando nella mia natura, ascoltando i suoi sottofondi secondo l'avvicendarsi del tempo, mantenendo vivo quel legame profondo con ciò che mi aspettava in laboratorio. Con tutto questo sono arrivata a ciò che in genere tutti definiscono “ritorno alla normalità”: no per me non è un ritorno, è affrontare un nuovo mondo con nuove prospettive, altrimenti tutto questo patimento sarebbe nullo, è sentire scorrere il legame profondo con i miei clienti quando ci si rivede con il sorriso, quando cerchiamo di stabilire punti di partenza e non di ripartenza. Ci siamo: ripartono i sottofondi delle mani in pasta, è dura, ma se non ci faremo prendere dalla foga del recupero del tempo perduto, potremo fare qualcosa di buono, perché il tempo non è mai “perso”, ha soltanto assunto un significato più profondo, il tempo è “prezioso”.
NON UN NUOVO GIORNO MA UN GIORNO NUOVO
