a cura di Massimo Palozzi

Marzo 2024

IL DOMENICALE

8 MARZO, FACCIAMO IL PUNTO

di Massimo Palozzi - Della Giornata internazionale della Donna sembra si sia detto e scritto tutto. Eppure l’8 marzo è una ricorrenza che non muore mai perché, in fondo, questioni aperte ce ne sono, eccome. Il problema è che non ce ne dovremmo accorgere solo un giorno all’anno.

Così venerdì si è ripetuto il rito un po’ frusto delle mimose e degli inviti a cena con qualche carineria extra da parte maschile. E contemporaneamente ha ripreso vigore la lotta per i diritti compressi, le (troppe) violenze subite e le opportunità negate.

Per quanto opinabile in alcune sue manifestazioni, la Festa della Donna mantiene dunque una sua dignità. E per darle ulteriore concretezza sarebbe bello se il Comune solennizzasse il prossimo 8 marzo intitolando una via o una piazza a una protagonista del passato anche recente. Non necessariamente reatina, per quanto la celebrazione di una personalità, che con il suo impegno e con il suo ingegno ha dato lustro alla nostra collettività, arricchirebbe l’iniziativa di particolare significato.

In alternativa potrebbe essere il polo universitario ad identificarsi con una figura femminile.

Non dovrebbe essere difficile trovare un nome. A Palazzo di Città esiste addirittura un apposito assessorato alla Valorizzazione dell’identità locale: quale migliore occasione per dimostrarne la ragione di esistere.

Guardando alla toponomastica, è tutto un tripudio di uomini. Persino a piante e fiori sono dedicate più strade che a donne in carne e ossa. Andando a memoria e tralasciando sante e beate, viene in mente via Fundania, in omaggio alla moglie di Marco Terenzio Varrone. In realtà, l’attribuzione alla consorte dell’illustre erudito è più una finzione intellettuale che un dato storico. La suggestione si deve a una lettera scritta sul finire degli anni Quaranta del Novecento dall’allora sindaco Angelo Sacchetti Sassetti all’insigne latinista monsignor Benedetto Riposati per comunicargli la dedicazione a Fundania della via adiacente a casa sua, quando invece era acclarato che l’originario toponimo di Fondiano discendeva dalla volgarizzazione di Fons Jani (Fonte di Giano).

Via Elettra Pollastrini, a Campoloniano, rende invece onore a una delle 21 costituenti (su 556 membri dell’Assemblea), nonché parlamentare reatina della prima e della seconda legislatura repubblicana nelle file del Pci.

All’istriana Norma Cossetto è stato infine dedicato un parco a Piazza Tevere giusto un anno fa, nel giorno del ricordo delle vittime delle foibe.

Perfino Santa Barbara, patrona ufficiale del capoluogo e figura comunque amata e celebrata, è surclassata nella devozione dei reatini da Sant’Antonio.

Considerazioni analoghe valgono per ponti e scuole. Esclusi il nido d’infanzia “Maria Montessori” e l’IIC “Elena Principessa di Napoli”, il panorama volge tutto in senso virile, nonostante l’etimologia della stessa Rieti rimandi all’eponima vestale Rea Silvia, madre di Romolo e Remo, come derivazione dall’antico Reate.

Per non dire dei monumenti, a cominciare dal teatro. A parte il busto di Anita Garibaldi nel parco di via Liberato di Benedetto (a sua volta intitolato alle tre vittime reatine del terremoto dell’Aquila del 2009, tra cui le studentesse Michela Rossi e Valentina Orlandi), l’unico altro con fattezze muliebri è la statua della lira, che per l’appunto commemora una moneta, non una ragazza da prendere ad esempio.

Stessa musica per gli impianti sportivi: dal PalaSojourner all’aeroporto, dal PalaCordoni al camposcuola agli stadi di calcio e rugby, tutti riportano nomi maschili. Magari potrebbe essere l’occasione per ribattezzare almeno una delle adespote piscine comunali.

Il gesto non cambierebbe di certo il corso della storia. Sarebbe però un bel segnale, soprattutto se svincolato da riferimenti politici più o meno diretti.

In effetti il problema non è la toponomastica. Rieti ad esempio non ha mai avuto un sindaco donna. In tutta la provincia sono 14 su 73. E solo da un anno c’è una presidente della Provincia di sesso femminile. Sempre sul piano politico, va un po’ meglio a livello regionale. L’assessore in carica ai Lavori pubblici è la seconda signora ad entrare in giunta per rappresentare la Sabina. Ugualmente in Prefettura, dove la titolare non è la prima donna a dirigere la sede reatina.

In campo sanitario, il predecessore dell’attuale direttore generale della Asl era una donna, e nemmeno l’unica a ricoprire l’incarico. Nessuna è invece arrivata ad essere nominata presidente del Tribunale.

A livello associativo, i vertici delle rappresentanze e degli ordini professionali sono stabilmente presidiati da uomini. Fa eccezione il mondo dirigenziale della scuola, ma si tratta di un comparto tradizionalmente affidato alle cure femminili.

In questo panorama non stupisce che lo stradario cittadino (come quello nazionale e di tutto il mondo, del resto) offra uno spaccato tipicamente maschile. Non è altro che il riflesso di una sproporzione sedimentata nei secoli tra i ruoli riservati agli uomini e quelli riconosciuti alle donne.

A dire il vero il contributo al progresso sociale non andrebbe misurato soltanto sul cursus honorum pubblico o, peggio, su tragiche circostanze della vita. L’impegno nella gestione del quotidiano vale quanto quello dedicato al raggiungimento della fama e comunque la storia, anche locale, è in grado di offrire un palinsesto di candidate dalla biografia degnissima nel campo del lavoro, della cultura, della scienza, della politica, dell’arte, dello sport, dell’economia, dell’imprenditoria, dell’informazione, dell’associazionismo, del volontariato, delle professioni. Basta saper cercare.

 

10-03-2024

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